La Scuola Romana, La Scuola nel Tempo #3

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view post Posted on 16/1/2009, 18:36
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Plutarco (filosofo e scrittore greco) afferma che la prima scuola pubblica a Roma fu aperta verso la metà del III secolo a.C. da Spurio Carvilio (console romano) ma altre testimonianze d'autore considerano la scuola un'istituzione molto più antica. L'antico costume romano affidava l'istruzione alla madre nella prima infanzia e in seguito al padre, il quale doveva anche trasmettere ai figli i valori religiosi, sociali e civili. In genere sin dalla fine della repubblica, la famiglia affidava i figli a un pedagogo privato (di solito greco) o li mandava a scuola. L'antico romano smetteva gli studi quando sapeva leggere, scrivere e far di conto; Tra i 12 ed i 15 anni le donne smettevano di studiare, per sposarsi.
Negli ultimi anni della repubblica e durante l'impero l'istruzione del giovane passava per tre gradi: l'insegnamento del litterator e successivamente quello del grammatico costituivano il corso normale degli studi elementari e medi; seguiva la scuola del rhetor, che addestrava i giovani nell'eloquenza, non era molto frequentata.
Le lezioni elementari si facevano nella scuola del ludi magister, che per una modesta mercede insegnava a leggere e a scrivere. Il litterator insegnava a leggere e scrivere, imparati questi rudimenti si passava al perfezionamento di ciò che aveva imparato; a questo pensavano: il Librarius che si occupava di perfezionare il ragazzo nella lettura e nella scrittura, il calculator che insegnava le varie operazioni aritmetiche ed il notarius che insegnava a stenografare.
Terminati gli studi elementari cominciava sotto il grammaticus l'insegnamento medio. Anche questo secondo gli usi e le possibilità delle famiglie veniva impartito in casa o in una scuola pubblica tenuta da un privato. Le prime scuole pubbliche di grammatica furono aperte verso la metà del II secolo a.C. Nella scuola del grammaticus si imparavano la lingua e la letteratura greca e latina, studiandole soprattutto sui poeti, e un corredo di nozioni fondamentali di storia, geografia, fisica e astronomia. Nello studio dei testi lo scolaro imparava a ben pronunciare, a leggerli con sentimento, a chiarirne il contenuto e ad intenderne la metrica. Degli autori greci il più letto era Omero; fra quelli latini durante la repubblica, Orazio, Andronico ed Ennio. Il maestro obbligava gli scolari ad impararne dei passi a memoria e a farne delle esposizioni orali e scritte.
Il rethor era professore di eloquenza, il terzo grado dell'istruzione (ragazzi sui 16 o 17 anni), le prime scuole di retorica furono aperte nel II secolo a.C. Gli studenti apprendevano le tecniche dell'arte del dire (dicendi praecepta): l'inventio, cioè il trovare gli argomenti da esporre; l'elocutio, la scelta dei modi espressivi; la memoria, l'apprendimento a memoria della composizione; l'actio, la corretta maniera di presentare il discorso. Si esercitavano quindi ad applicare queste tecniche con esercizi scritti ed orali: consistevano in composizioni più varie di quelle assegnate dal grammaticus e graduate secondo la difficoltà, invece oralmente si facevano degli esercizi pratici dell'eloquenza cioè le suasoriae o controversiae. Le suasoriae erano monologhi nei quali noti personaggi della mitologia o della storia prima di prendere una grave decisione ne valutavano gli argomenti favorevoli e contrari; nelle controversiae si svolgeva un dibattito fra due scolari che sostenevano due tesi opposte. Alle esercitazioni davanti al retore poteva essere ammesso il pubblico anzitutto le famiglie degli scolari. Il completamento degli studi di retorica avveniva poi in Grecia, soprattutto ad Atene e a Rodi, dove si trovavano anche scuole famose di filosofi.
Lo stipendio di un maestro elementare fissato dall'edictum de pretiis di Diocleziano (301 d.C.) era di 50 denari per alunno al mese, il grammaticus guadagnava 200 denari al mese per allievo mentre il rhetor 250 denari. In età imperiale, a cominciare dai tempi di Vespasiano (69-79 d.C.) furono aperte a Roma scuole pubbliche finanziate dallo stato: Quintiliano fu il primo a tenere una cattedra d'eloquenza con stipendio statale. Ai tempi di Adriano (117-138 d.C.) in ogni città dell'impero ci sarà una scuola pubblica.
Non c'erano edifici scolastici ma si faceva lezione in qualche stanza (tabernae, pergulae) o anche all'aperto. L'arredamento della scuola era semplice: solo in qualche scuola gli scolari si riunivano intorno al maestro attorno ad una tavola, di solito il maestro stava seduto su una seggiola con spalliera (cathedra) o senza (sella), che si portavano con sé con la penna, la carta e l'inchiostro e sgabelli per i ragazzi che dovevano tenere le tavolette cerate (i quaderni di allora) sulle ginocchia.
L'anno scolastico cominciava di marzo dopo le quinquatrus, festa in onore di Minerva; vi erano delle vacanze nei giorni festivi e ogni 9 giorni (nundinae), solitamente i ragazzi si riposavano durante l'estate.
L'orario scolastico era composto di sei ore. A mezzogiorno gli scolari tornavano a casa per il prandium e riprendevano le lezioni nel pomeriggio.
Spesso i maestri erano ricordati come plagosus (colui che picchiava), infatti le punizioni facevano parte del programma educativo, a volte l'unico modo per attirare l'attenzione dell'alunno e costringerlo allo studio, era spesso quello di ricorrere alle percosse. Lo strumento più utilizzato dai maestri per le punizioni era la ferula, una canna provvista di nodi di legno. Per infliggere punizioni più gravi si utilizzava la scutica, una frusta fatta di strisce di cuoio o staffile, ed ancora la virga, uno scudicio anche questo formato da un fascio di strisce di cuoio. Lo scolaro veniva appoggiato sulle spalle di un compagno, mentre un altro ne teneva ben ferme le gambe, e quindi veniva frustato. La pena oltre che dolorosa era anche umiliante, in quanto il ragazzo oltre a essere percosso veniva prima denudato davanti a tutti i presenti.
Nel mondo romano la carta non esisteva, si usava il foglio di papiro o pergamena. I fogli di papiro venivano uniti tra loro e arrotolati intorno ad un bastoncino per formare un volumen che si leggeva srotolandolo. I fogli di pergamena potevano dare origine a due diversi tipi di libro a un volumen o a un codex costituito da fogli piegati e tagliati in quattro (quaternio, da cui il nostro quaderno) uniti tra loro come i quaderni di oggi. Per scrivere si usavano inchiostri di diversi colori, il più comune era quello nero (atramentum) e ci serviva di cannucce (calamus) o di penne d'oca (penna). Volumina e codices avevano un costo molto elevato quindi per documenti di minore importanza si usavano le tavolette di legno con i bordi rialzati su cui veniva spalmato uno strato consistente di cera di colore scuro (cerae codicilli o pugilares) per scrivere si usava un bastoncino (stilus o graphium) con un'estremità a punta ed un'altra a spatola. Solo persone molto ricche potevano permettersi una biblioteca personale ben fornita e quindi essere clienti dei vari librai che riproducevano i libri servendosi di copisti. Tito Pomponio Attico fu uno fra i più famosi librai.

 
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