Lingue Semitiche Figli di Noe Storia Ebraica

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view post Posted on 14/12/2008, 10:38
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Noè

Noè è il nome di un patriarca biblico, il più famoso prima di Abramo. Secondo calcoli biblici nacque 1056 anni dopo la Creazione e morì all'età di 950 anni. Ma tali cifre non sono da prendere necessariamente alla lettera.

Significato del nome
Noè, in lingua ebraica Noah, viene interpretato da Genesi 5,29 con il significato di consolatore per via dell'assonanza fonetica, ma è molto più probabile che il significato del suo nome sia colui che prolunga: ovviamente, la storia dell'umanità dopo il diluvio.

Il costruttore dell'arca
Noè compare per la prima volta in Genesi 5,28 come figlio di Lamech e nipote di Matusalemme. Egli è dunque il nono nella linea generazionale dei discendenti di Adamo attraverso Set (la cosiddetta "Grande Genealogia dei Setiti" di Gen 5). La sua storia si sviluppa nei capitoli 6, 7, 8 e 9 della Genesi. Egli è universalmente noto per essere il costruttore dell'arca su cui la razza umana sopravvisse al diluvio, e sulla quale furono ospitate, secondo la narrazione biblica, varie coppie di tutti gli animali (secondo Genesi 6,19, due specie di ciascuna; secondo Genesi 7,2, sette coppie di ogni animale puro e una coppia di quelli impuri). Secondo Genesi 7,6 Noè aveva seicento anni quando il diluvio si abbatté sulla Terra; morì a 950 anni; era ancora vivo quando nacque Abramo. Noè ebbe tre figli: Jafet, Sem e Cam, anch'essi portati sull'arca unitamente alle mogli per proseguire la stirpe degli uomini. Ciascuno di essi avrebbe dato vita ad una stirpe di popoli: Sem i semiti, Cam i camiti, Jafet i popoli delle isole occidentali.

L'alleanza noachica
Dopo la fine del diluvio, Noè stipula con Dio la prima alleanza, in ebraico Berit, riportata dal testo biblico, la cosiddetta "alleanza noachica". Ecco i termini di quest'alleanza:
* gli esseri viventi, animali e vegetali, sono concessi come cibo all'uomo (è ampliata la concessione già fatta ad Adamo, in quanto a lui erano stati concessi solamente i vegetali: "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde", Gn 1,29-30); * è proibito mangiare la carne di esseri viventi contenenti il loro sangue (che era simbolo della vita: divieto di mangiare animali vivi);
* "Chi sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l'uomo" (Gen 9,6: fondamento della legge del taglione).
In cambio, Iddio si impegna a non mandare mai più diluvi.
Quest'alleanza è stipulata con tutta l'umanità, ed offre dunque all'antico Israele le norme per ritenere giusto o ingiusto chi non è circonciso. La figura di Noè diventa poi esemplare (quella del giusto salvato dalla distruzione dei malvagi, come Lot) ed è lodata in Isaia 54,9; in Matteo 24,37-38; e nella prima lettera di Pietro 3,20.

Apocrifi
Il Talmud e le raccolte di leggende ebraiche contengono molti episodi apocrifi della vita di Noè. Il più famoso riguarda l'inganno perpetrato ai danni del Patriarca dal diavolo, il quale gli insegnò a coltivare la vite (vedi Gen 9, 20) e lo convinse a sacrificare nella vigna quattro animali: un agnello, un leone, un maiale e una scimmia. Da allora, racconta la leggenda, chi beve il vino si ubriaca e, man mano che ne beve, viene ad assumere i caratteri di questi quattro animali: l'arrendevolezza dell'agnello, la violenza del leone, il sudiciume del maiale, il comportamento assolutamente irragionevole della scimmia.



Sem

Sem è uno dei tre figli di Noè citati nella Bibbia, nacque quando suo padre aveva ben cinquecento anni, cioè cento anni prima del diluvio universale. Visse seicento anni e vide i suoi discendenti fino alla nona generazione, cioè fino ad Abramo, il quale morì trentacinque anni prima di Sem. Alcuni ebrei lo identificano anche con il Re di Salem, Melchisedek. Da Sem derivano tutti i popoli semitici.

Semiti
Con il termine Semiti si intendono tutti i popoli che parlano, o hanno parlato, lingue collegate al ceppo linguistico semitico (tra questi Arabi, Ebrei, Cananeo-Fenici, Cartaginesi, Maltesi). Il primo a proporre una definizione del termine fu dato nel 1787 da Eichorn (Einleitung in das Alte Testam., Lipsia, II ed., I, p. 45) che volle rifarsi alla definizione biblica di Genesi X-XI, che indicava una serie di nazioni discese dal figlio del patriarca Noè, Sem. Al di là delle imprecisioni bibliche (nei popoli parlanti idiomi strutturalmente riconducibili a un unico ceppo linguistico sono infatti elencati anche gli Elamiti della Susiana e i Lidi che parlavano altri idiomi, mentre non è citato il Cananeo). Le analisi genetiche mostrano come i popoli genericamente indicati come i "semiti" condividano una notevole affinità che confermerebbe la discendenza da antenati linguistici comuni, malgrado vi siano stati inevitabili contributi ed influenze da parte di altri gruppi linguistici. Il dibattito sull'esatto significato del termine è ancora aperto ma vi è un largo consenso nell'accettare che, da un punto di vista linguistico, il termine si riferisce oggi ad Ebrei, Arabi e alle genti che impiegano la lingua amarica e la lingua aramaica. La forma negativa del termine antisemita è invece usata nell'accezione pura e semplice di anti-ebraico. I popoli proto-semiti, antenati dei semiti del Vicino Oriente, si ritiene provenissero dalla Penisola Araba, anche se non mancano ipotesi su una derivazione mesopotamica in cui, col regno di Akkad, si ha conoscenza allo stato attuale della prima cultura linguisticamente semitica.
Origini
L'idea di un popolo semita è derivato dal racconto biblico sulle origini della cultura conosciuta, fin dall'antichità, come ebraica. Gli Ebrei affermano di essere discendenti di Sem e spesso identificano i popoli loro nemici come discendenti del malvagio fratello Cam. Secondo la Genesi Sem fu il padre degli Assiri, dei Caldei, degli Aramei, dei Sabei e appunto degli Ebrei, dei Moabiti, degli Idumei occidentali, discendenti di Esaù, anche detti Edomiti, dei veri Ismaeliti, dei Midianiti, dei discendenti di Labano ed altri. Storicamente sappiamo come le lingue di questi popoli siano strettamente correlate tra loro, a formare appunto il ceppo linguistico semitico. Anche i Cananei e gli Amorriti parlavano una lingua appartenente a questo gruppo, benché nella Genesi vengano descritti come figli di Cam. Nell'Europa del Medioevo comunque tutti i popoli asiatici erano considerati con una certa rozzezza culturale, discendenti di Sem.
Lingua
Il moderno significato del termine semitico, benché derivato dall'uso che ne fa la Bibbia, non è identico a questo. Nel contesto linguistico i linguaggi semitici comprendono, tra gli altri, arabo, ebraico, cananeo, accadico, aramaico ed amarico. Alcuni dei popoli che parlarono queste lingue erano discendenti dei Fenici, nome con cui i Greci identificavano i Cananei. Al culmine della potenza cartaginese, i linguaggi semitici erano largamente parlati in tutta l'area del Mediterraneo meridionale fino all'Oceano Atlantico, dato che Cartagine era originariamente una colonia fenicia. Linguaggi semitici sono parlati anche a Malta e a Socotra, nell'Oceano Indiano. Inoltre milioni di arabi, musulmani e cristiani, scrivono (e, in parte, sanno parlare) la lingua araba classica (fusha) come seconda lingua e molti ebrei sparsi per il mondo conoscono l'ebraico.
Da notare che lingue come il copto, il berbero, il somalo ed altre lingue correlate usate nell'area afro-asiatica non appartengono al ceppo semitico.
Religione
Nel contesto religioso il termine semitico è riferibile alle religioni dei popoli che usano lingue appartenenti a questo gruppo, così l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam sono definite religioni semitiche. Con tale termine possono anche essere indicate le religioni politeiste che fiorirono nel Vicino Oriente antico.


Origine biologica
Al di fuori della linguistica il termine è usato per identificare il gruppo etnico che storicamente ha parlato lingue del ceppo semitico. Sono in corso studi di analisi genetica per cercare di identificare gli eventuali progenitori comuni ai popoli semiti. Benché, finora, le ricerche sulla compatibilità mitocondriale non abbiano dato risultati, le correlazioni del cromosoma Y tra popoli del Vicino Oriente - come Palestinesi, Siriaci ed Ebrei - mostrano come questi popoli dovrebbero discendere da comuni antenati.

Cam
Cam è uno dei tre figli di Noè citati nella Bibbia. Il nome di Cam deriva dall'egiziano Kem, cioè "terra nera", con cui gli egizi indicavano il loro paese, reso fertile dal limo scuro delle inondazioni del Nilo, in contrapposizione alle "terre rosse" dei deserti circostanti. Infatti Cam fu padre di Mizraim, cioè dell'Egitto, oltre che dei popoli Aetiopi (Cus) e della Palestina (Canaan).
Storia
Nacque quando suo padre aveva ben cinquecento anni, cioè cento anni prima del diluvio universale. Secondo alcuni calcoli fu il 2470 a.C. Figlio minore di Noè (Genesi 9:24), Cam si sposò prima del Diluvio e sopravvisse ad esso, assieme ai suoi fratelli. I suoi quattro figli nacquero successivamente: Cus, Mizraim, Put e Canaan, da cui discesero, rispettivamente, gli etiopi, gli egizi, alcune tribù arabe e africane, e i cananei. Qualche tempo dopo egli fu implicato nell’episodio che portò alla maledizione di suo figlio Canaan.
Noè si era ubriacato di vino e si era scoperto nella sua tenda. Cam vide la nudità del padre, e invece di mostrare giusto rispetto al capofamiglia, al servitore e profeta per mezzo del quale Dio aveva preservato la razza umana, riferì ai due fratelli ciò che aveva visto. Sem e Jafet mostrarono il giusto rispetto camminando all’indietro per coprire il padre con un mantello, in modo da non disonorarlo guardandone la nudità. Al suo risveglio Noè pronunciò una maledizione non su Cam, ma su suo figlio Canaan. Nella successiva benedizione di Sem, che includeva una benedizione anche per Iafet, Cam fu trascurato e ignorato; solo Canaan fu menzionato come maledetto, e fu profetizzato che sarebbe diventato schiavo di Sem e di Iafet (Genesi 9:20-27). La maledizione fu in parte adempiuta quando gli israeliti, che erano semiti, soggiogarono i cananei. Secoli dopo, la maledizione ebbe un ulteriore adempimento quando vennero a trovarsi sotto il dominio di potenze mondiali iafetiche come la Media-Persia, la Grecia e Roma. Alcuni hanno erroneamente sostenuto che la razza nera e la schiavitù di persone di quella razza fossero il risultato della maledizione pronunciata su Canaan. Ma i discendenti di Canaan, il maledetto, non erano di razza nera. Questa infatti discende da Cus e forse da Put, altri figli di Cam che non ebbero nulla a che fare con quell’episodio o con la maledizione. Nelle bibbie cattoliche degli anni '50 ( Ricciotti, Paoline 1958) tuttavia l'interpretazione del verso incriminato (Genesi 9:27) che compare a piè di pagina nelle glosse esplicative, sembra avvalorare la tesi della inferiorità etnica della stirpe di Cam, identificata con i contemporanei popoli africani. Il famoso esegeta Mons. Francesco Spadafora (Dizionario Biblico, Edizioni Studium) però afferma che è errato identificare i Camiti con le popolazioni negridi dell'Africa. Il missionario Comboni, invece, nelle proprie relazioni epistolari con gli altri membri della propria congregazione, sembra credere fermamente all'identificazione tra popolazioni negridi e discendenti della stirpe di Cam.

Camiti
Sotto il nome di camiti si fa riferimento a quell'insieme di popolazioni che popolarono l'Africa e di cui fanno parte i Berberi, gli Aetiopi, gli Egizi e i Cananei. Dal punto di vista linguistico vengono spesso racchiusi nel grande gruppo delle lingue camito-semitiche. Tuttavia non tutti accettano l'unione tra le lingue camitiche con quelle semitiche in quanto alcune ipotesi sostengono che originariamente le due lingue non fossero imparentate. L'origine del nome è biblico in quanto le genti che popolarono l'Africa (appunto i camiti) furono i discendenti di Cam che era il secondogenito di Noè. Gli altri figli di Noè si suppone siano stati i progenitori delle popolazioni dei Semiti, i discendenti di Sem, e degli Europei, i discendenti di Jafet.

Jafet
Jafet (in ebraico יפת, pron. Iéfet) è un personaggio biblico, uno dei figli di Noè. Viene sempre indicato come terzo dopo Sem e Cam, ma poiché in Gen. 9:24 Cham è definito "בנו הקטן" (trad. lett. "suo figlio il piccolo"), una tradizione parallela e più tarda vuole che Jafet sia in realtà il secondogenito, nato dopo Shem. Egli fu ammesso con i fratelli a salire sull'arca assieme alla propria moglie, e superò con loro la strage del Diluvio (Gen. 7:13; 9:18). Tempo dopo, quando il padre ubriaco venne visto da Cham stordito e discinto, fu lui con suo fratello Shem a coprirne il corpo, mostrando - attraverso il gesto di procedere a ritroso verso il padre con un manto, così da non vederne la nudità - un rispetto assoluto per il proprio genitore. Per questa accortezza ricevette un'importante quanto oscura benedizione, che nella sua prima parte suona :יפת אל' ליפת וישכן באהליˉשם (trad. lett."Faccia ampio JHWH verso Jafet, ed egli abiti nelle tende di Shem" - Gen. 9:27).
Indice
La benedizione di Noach
Il testo, nonostante il gioco di parole iniziale, non è chiarissimo. Nella prima parte sopra citata il verbo usato ("p.t.h - aprire, essere spazioso" nella forma causativa) può essere riferito - quanto al significato - sia alla generica munificenza del Signore, sia alle benedizione per un'ampia discendeza. È comunque in quest'ultimo senso che venne intesa, considerato che nelle successive genealogie Jafet è l'unico ad avere avuto sette figli (nello specifico: Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tuval, Meshech e Tiras). Rispetto alla seconda parte, invece, riferita alla maledizione della schiavitù per Canaan, gli esegeti hanno voluto vedere tanto la profetizzazione di una futura conquista delle terre dei Cananei, quanto la possibilità che anche i Greci - ovvero le nazioni discendenti di Jafet - aderissero alla religione di Israele. Era infatti già indicato nel testo biblico che i popoli nati dai discentendi di Jafet abitavano le terre poste a settentrione e a occidente di Israele, nel mar Egeo e nella penisola Anatolica, così arrivando a comprendere non solo Cretesi e Micenei, e più in generale il popolo Greco, ma anche i Babilonesi, Assiri e Persiani.
Il significato del nome
Due sono le spiegazioni fornite per dare un significato al nome di Jafet, ed entrambe - benché discordanti - sono state materia di ampia riflessione. Secondo la versione più accettata "Jafet" deriva dalla radice del verbo פתה (p.t.h - essere spazioso, aprire; il medesimo usato nella benedizione), dunque intendendo l'ampiezza raggiunta dai suoi discendenti quanto a numero, a potenza ed espansione territoriale. Per altri, Saadia Gaon tra i primi, deriva invece dalla radice יפה (y.p.h - bello, ben fatto) con un'allusione palese al suo valore estetico, e - meno palese - alla minore saggezza rispetto ai fratelli, da cui l'essere costantemente citato come terzo tra i tre (Gen. 6:10; Sanh. 69b; Gen. R. 26). Senza nulla togliere alle parole dei rabbini, Abraham ibn Ezra rifiutò decisamente questa seconda versione.
Haggadah e Midrash
Analizzando l'evento che portò alla benedizione, l'interpretazione midrashica arrivò a considerare Shem come il vero ideatore dell'atto di pietà verso il padre, lasciando a Jafet il solo compito di aiutarlo. Per questo egli ottenne una ricompensa minore rispetto a Shem, ovvero il Tempio costruito dai suoi dicendenti sarà meno santo rispetto al primo (essendo l'imperatore Ciro il Grande considerato discendente di Jafet; PR 35, 160a). Tuttavia il gesto di amore filiale non venne sottovalutato, così Gog e la sua discendenza potranno avere sepoltura in Israele (Ez. 39:11), e parteciperanno della gioia dell'era messianica (Gen. R. 36:6). La bellezza di Jafet, infine, venne associata sia alla bellezza della lingua e della cultura greca, intendendo con "abiti nelle tende di Shem" l'invito, o la speranza, che il popolo dei Kittim si convertisse alla fede di Israele attraverso la versione dei Settanta (Meg. 9b, Gen. R. 36:8); sia che il Signore avesse benedetto i discendenti di Jafet con una pelle candida e abbondanti terre fertili (Pirke R. El. 24).
Uno sviluppo successivo
L'intero passo biblico di Genesi 9, e in particolare la profezia sulla discendenza e la schiavitù di Canaan, venne spesso interpretato fin troppo alla lettera, tanto dai teologi cristiani che dagli eruditi laici. Essi, dividendo la razza umana in tre grandi stirpi (Camiti per gli Africani, Semiti per i Mediorientali, Jafetiti per gli Europei), postularono l'evidente superiorità del loro ceppo etnico rispetto a tutti gli altri, considerati come corrotti o corruttori (Mosse, 1980; Poliakov, 1974), e il diritto/dovere di assoggettare ed educare questa umanità sbandata. La scoperta del Nuovo Mondo e dei suoi abitanti, identificati di volta in volta come i discendenti delle tribù perdute di Israele, come razze antidiluviane ingannate dal demonio, come specie semiumana, non incrinarono di molto questo concetto.


Giacobbe

Giacobbe, è uno dei Padri dell'Ebraismo nonché eroe eponimo del popolo di Israele: fu soprannominato infatti da Dio stesso "Israele", giustificando questo perché "lottò col Signore e vinse", dalla radice shr, lottare e El, Signore (32,29). Le sue vicende sono narrate nel libro della Genesi.

Significato del nome
Secondo storici del periodo matriarcale, Israele significa "uomo, ish, di Rachele, Rahel", poiché egli era marito di Rachele. In questa concezione quindi è Rachele ad essere matriarca eponima di Israele; tuttavia la grafia in questo caso è diversa, in quanto si dovrebbe scrivere ish-rach-el invece di Ish-ra-el.
Giacobbe era figlio di Isacco e di Rebecca, e fratello gemello di Esaù, che nacque però per primo. Esaù era il favorito di Isacco, mentre Giacobbe della madre Rebecca. Mentre Esaù divenne un cacciatore, Giacobbe mostrava un temperamento tranquillo. Con l'inganno Giacobbe riuscì ad acquistare da Esaù affamato la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie; in seguito, quando Isacco era in punto di morte, approfittando della momentanea assenza del gemello, carpì la benedizione prevista per Esaù indossando una pelliccia di animale, così da poter passare per il fratello, che era molto peloso. Per sottrarsi all'ira di Esaù fuggì presso suo zio Labano.
Il sogno della scala di Giacobbe
Una notte, durante il viaggio, Giacobbe fece un sogno: una scala da terra si protendeva sino in cielo, con angeli che salivano e scendevano. Nel sogno il Signore gli parlava, promettendogli la terra sulla quale era coricato ed un'immensa discendenza. Giacobbe chiamò il luogo dove era accampato Betel. Giunto da Labano si innamorò di sua figlia Rachele. Per concederla in matrimonio a Giacobbe, Labano gli impose di servirlo per sette anni.
Al termine dei sette anni, Labano però pretese di dargli in sposa la maggiore, Lia, secondo il costume locale, e per avere anche Rachele dovette servire Labano per altri sette anni. Infine Giacobbe riuscì ad avere Rachele, e dalle due mogli e dalle ancelle ebbe complessivamente dodici figli, dalla cui discendenza avranno origine le dodici tribù di Israele.
Giacobbe infine si riconciliò con Esaù. La notte prima dell'incontro ebbe una misteriosa lotta con un uomo fino all'alba. Vedendo che non riusciva a vincerlo, l'uomo lo colpì al nervo sciatico rendendolo claudicante, ma Giacobbe continuò a lottare, finché l'uomo gli chiese di lasciarlo andare. A quel punto Giacobbe gli chiese la benedizione, e l'uomo gli mutò nome in Israele (che in ebraico significa uomo che vide Dio o uomo che lotta con Dio). Da questo episodio nasce il divieto, previsto dalle norme di casherut, di cibarsi di carne (ovviamente di animali permessi) da tagli attraversati dal nervo sciatico.
La storia di Giacobbe si intreccia con quella del figlio prediletto Giuseppe. Quando questi, dopo essere stato venduto dai fratelli e creduto morto dal padre, divenne ministro del faraone e negli anni delle vacche magre fece trasferire le Tribù di Israele e Giacobbe stesso in Egitto per sfuggire alla carestia. Giacobbe infine prima di morire benedisse i vari figli con benedizioni particolari e fu seppellito con gli altri patriarchi Abramo e Isacco nel campo di Macpela
Come tutti i padri veterotestamentarii, Giacobbe è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica il giorno 24 dicembre.

 
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