[Articolo di Giornale] Rosso sangue, Liguria in guerra, 4/11

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view post Posted on 5/11/2008, 13:50
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Rosso sangue, Liguria in guerra
Repubblica — 04 novembre 2008 pagina 13 sezione: GENOVA

Come "Spoon River". Non sono gli epitaffi a raccontare, ma le parole dal fronte scritte su cartoline, fogli stropicciati, cartoncini strappati chissà dove. E sussurrate all' orecchio dei visitatori. E' "La Liguria e la Grande Guerra. Da Cantore a Caviglia, storie di soldati", la mostra che le soprintendenze per i Beni Architettonici, per i Beni artistici e Palazzo Reale hanno organizzato per il novantesimo anniversario della fine della prima guerra mondiale, dopo la presentazione, domenica, dei restauri del sacrario dei caduti, al cimitero di Staglieno. S' inaugura oggi la mostra, 4 novembre, al Teatro del Falcone, in via Balbi (fino al 6 gennaio). Curata da Giorgio Rossini (soprintendente per i Beni architettonici) e allestita con quattordici installazioni video e quattordici audio con l' attore Umberto Orsini e curate dal regista Andrea Liberovici. All' ingresso, alcuni scarni cimeli dal fronte, ricomposti in due simbolici sepolcri: un cappotto da truppa modello 1909, gli scarponi chiodati, una borsa porta-ordini, un fischietto da carica. «Non c' è celebrazione, soltanto memoria della Storia», indicano, a una voce, Rossini e Liberovici. E infatti la mostra è un suggestivo "incontro" con chi al fronte morì. Nelle tre sale centrali, sono i combattenti decorati al valor militare a parlare: Liberovici fa attraversare le stanze da fasci di luce rosso sangue, mette uno schermo retinato tra il visitatore e il video da cui Umberto Orsini parla con le parole dei protagonisti. Senza retorica, asciugando l' urgenza, la preoccupazione, la commozione delle parole dei protagonisti. Lo schermo con l' attore s' innerva d' immagini di repertorio della Grande Guerra, alternate a particolari dei paesaggi dei luoghi di combattimento. Il mare, i boschi, gli altipiani. L' immobilità della natura che contrappunta l' "inutile strage". Ci sono il generale Antonio Cantore, il tenente Giuseppe Castruccio, la guardiamarina Giuseppe Aonzo, il comandante Raffaele Rossetti, il generale Enrico Caviglia e, tra gli altri, anche il grande scultore Eugenio Baroni, volontario, che ebbe la medaglia d' argento al valor militare per il suo coraggio sul Grappa. A dare un contributo fondamentale alla mostra è l' Archivio Ligure di scrittura popolare di Antonio Gibelli (direttore del dipartimento di Storia all' Università di Genova). Dalle 15.000 carte di soldati e prigionieri della prima guerra mondiale, Gibelli ha estratto, con Carlo Stiaccini e Fabrizio Caffarena, quattordici voci. Per cui Liberovici ha scavato nell' allestimento piccole nicchie rettangolari: dentro, sospesi nel nulla, ci sono oggetti che perdono la carica di cimeli e ridiventano affetti personali. Una piastrina di riconoscimento. Un pennino ricavato da una scheggia di granata. Avvicinandosi, si ascoltano, con la voce degli attori allievi dello Stabile, le loro parole dal fronte. Soldati semplici. Ma c' è anche, unica, Efisia Vassallo, che lavorava in una panetteria di Quinto e teneva la corrispondenza con ben tre fratelli al fronte. "Noi spariamo, ma anche loro sparano" sussurra Giuseppe Emanuele Navone. «Mostriamo qui gli aspetti privati della guerra - spiega Pasquale Bruno Malara, direttore regionale del Ministero per i Beni culturali - quella guerra che realizzò davvero l' unità d' Italia». «E' una Spoon River della prima guerra - indica Andrea Liberovici - qui ci sono i nostri morti che raccontano la loro vita». La mostra è la prima parte di un progetto dedicato alla Grande Guerra, dalle Soprintendenze e da Palazzo Reale. La seconda parte, dal 14 marzo al 14 giugno, sempre al Teatro del Falcone, e ancora curata da Giorgio Rossini, sarà una rassegna di opere d' arte (pittura, scultura, grafica, progetti architettonici) realizzate dal 1915 agli anni Trenta. Con opere di Baroni, De Albertis, Galletti, Nomellini, Previati, Piacentini. Mette in guardia, però, il professor Gibelli, da strumentalizzazioni: «Questa mostra cade in un momento difficilissimo perché si profila la celebrazione della vittoria - spiega - invece il 4 novembre è e deve rimanere l' anniversario della fine della guerra».

MICHELA BOMPANI

 
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